Tra i sistemi più efficienti per la produzione di calore, e sempre più conveniente anche dal punto di vista economico, la pompa di calore presenta anche il vantaggio di una doppia utilità, poiché oltre che per il riscaldamento, può essere impiegata per il condizionamento degli ambienti. Importante però è seguire alcuni accorgimenti.

Ne abbiamo parlato con Luca Alberto Piterà, segretario tecnico Aicarr, l’Associazione Italiana Condizionamento dell’Aria Riscaldamento e Refrigerazione, che ha a cuore le tematiche ambientali e del risparmio energetico nella produzione e consumo dell’energia termica.

La pompa di calore è una macchina che sfrutta il ciclo termico di Carnot per riscaldare un ambiente o raffrescarlo, quindi agendo in maniera inversa a quanto normalmente avviene in natura: invece di sfruttare una risorsa a temperatura più alta per riscaldare un ambiente, sottrae calore da una sorgente a temperatura più bassa (l’aria esterna, l’acqua di lago o di falda, il terreno) per trasferirlo a un ambiente a temperatura più alta (una abitazione). Oppure, invertendo il ciclo, “scarta” il calore e sfrutta il freddo per la climatizzazione, un po’ come avviene nel frigorifero di casa, portando il calore dall’interno all’esterno dell’abitazione.

Per compiere il ciclo, la pompa può sfruttare fluidi diversi i quali subiscono successivi cambi di stato (evaporazione, condensazione), con prestazioni più o meno efficienti a seconda delle condizioni di impiego e del tipo di fluido. Nelle specifiche del costruttore, viene indicata prima la sorgente esterna, seguita da uno slash e dalla sorgente interna. Per esempio, aria/acqua significa che la sorgente dalla quale il calore viene prelevato è l’aria esterna, mentre quella a cui viene trasferito è l’acqua, per esempio quella dei radiatori.

Il processo dello scambio termico richiede energia, che di solito è elettrica, quindi la pompa di calore consuma elettricità.

 

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