Fluidità e specializzazione, due poli apparentemente opposti che spiegano bene, invece, la concezione dell’abitare contemporaneo, dove gli ambienti sono diventati flessibili a molteplici usi con attenzione particolare all’organizzazione degli spazi, dove vanno assottigliandosi le separazioni tra esterni e interni, e con pochi accorgimenti nell’arredo. L’outdoor fatto di balconi e terrazzi, così come giardini, ma anche i tetti piani, è reso parte integrante dell’abitazione, sia di ambienti dedicati alle relazioni, come il soggiorno e la cucina, sia di quelli più intimi e dedicati al relax, come le camere da letto.
Il progetto di ristrutturazione deve perciò prestare attenzione a considerare allo stesso modo gli ambienti interni e quelli esterni per favorirne l’unione, la naturale prosecuzione l’uno nell’altro, adattandosi alle esigenze, ai ritmi di vita degli abitanti e allo stile della casa. Nulla può essere lasciato al caso, dalla pavimentazione alle eventuali coperture, come pergole o tettoie, fino alla vegetazione.
A seconda della dimensione a disposizione, si può studiare il progetto più adatto, ma al di là di questa esistono aspetti imprescindibili per qualsiasi soluzione.
Nel caso di un piccolo balcone cittadino, per esempio, essenziali sono la scelta del piano di calpestio, la possibilità di porre fioriere affiancate al perimetro per creare un diaframma verde che protegga dall’esterno, per il mantenimento della privacy, ma anche dal calore eccessivo dei mesi estivi, e l’eventuale possibilità di una copertura, fosse anche solo una tenda o un sistema di veneziane orientabili. Diverso è il discorso per un terrazzo dalle dimensioni maggiori, che può essere articolato quasi come uno spazio interno, con la divisione in “ambiti funzionali” secondo la porzione di spazio interno su cui affacciano. Potrebbero essere progettati spazi outdoor come aree relax e solarium esposte al sole fuori dalla zona notte, un’area pranzo con magari una piccola zona cottura limitrofe alla cucina, e un vero e proprio soggiorno en plain air in continuità con lo stesso ambiente all’interno. Se poi si ha a disposizione un giardino, la sua progettazione investe ambiti ancora diversi, che vanno dal trattamento del verde e del sistema di irrigazione, alla funzionalizzazione degli spazi, magari anche con una piscina, un’area per lo sport, giardini di fiori o frutteti con percorsi di collegamento. Negli ultimi due casi non si può prescindere da veri e propri impianti di illuminazione e di irrigazione ad hoc e nel giardino sarà da prevedere un vero e proprio progetto impiantistico (elettrico e idrico) secondo le funzioni presenti.
Da considerare infine che il Bonus Verde, confermato fino al 2024, consente la detrazione fiscale al 36% delle spese sostenute per la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti.
Un terrazzo trattato a verde è una vera e propria isola di benessere anche dal punto di vista ambientale. Il verde, infatti, contrasta il fenomeno delle isole di calore urbane, mitigando le temperature estive. Combinare in un terrazzo vegetazione fitta e materiali di pavimentazione che non trattengano il calore (come il legno), integrando strutture ombreggianti naturali (come piante rampicanti) o artificiali (tettoie e pergole, ma anche tende), permette di vivere lo spazio in tutte le ore del giorno, apportare frescura all’interno della casa e contrastare anche l’inquinamento urbano. Per trasformare un piccolo spazio outdoor non occorrono grandi risorse, ma è bene stabilire alcune priorità.
Oltre alla verifica delle condizioni della pavimentazione esistente e all’eventuale ripristino delle porzioni ammalorate o al rinnovo integrale (con modalità e materiali che vedremo in seguito), la prima regola, che può sembrare banale, è analizzare lo spazio a disposizione per non incorrere nel rischio di riempire troppo lo spazio a cielo aperto e renderlo quasi inutilizzabile. Poi, scegliere le piante secondo i gusti (ma anche considerando il clima in cui si vive e l’esposizione del balcone). Se per guadagnare un po’ di privacy si può pensare al bambù che, con la sua crescita rapida e il fitto fogliame, realizza una specie di tenda naturale, per dare un tocco di colore possono essere ideali le piante con fiori e le aromatiche.
I complementi d’arredo possono essere ideati anche riciclando o riutilizzando un vecchio tavolo o utilizzando i bancali di legno, ormai diventati di gran moda. Presenti oggi sul mercato anche tappeti da esterno, resistenti e facili da pulire, che potrebbero essere una valida alternativa all’eventuale rifacimento della pavimentazione.
Infine, tende e tessuti per una valida protezione dal sole; in alternativa, sistemi di veneziane orientabili, magari installate sulla soletta del balcone del piano superiore.
Per chi ama le piante, ma sa di avere impegni pressanti che non consentono di innaffiarle quotidianamente, il suggerimento è di installare un impianto di irrigazione. È sufficiente avere un punto acqua esterno per installare un piccolo impianto che funzioni in modo autonomo, a tempo, secondo gli orari desiderati.
Nella progettazione di un giardino diverse sono le priorità e variano secondo le aree che si vogliono ottenere.
La prima cosa a cui pensare è l’impianto idrico, perché è posizionato interrato più in profondità rispetto a quello elettrico. Il sistema deve prevedere un locale tecnico e le necessarie tubazioni di mandata a scarico dell’acqua in caso si avesse intenzione di installare una piscina, una doccia all’aperto o una piccola cucina, oltre all’impianto di irrigazione da predisporre per ogni area.
Imprescindibile poi è progettare un impianto elettrico, con linee dedicate ai diversi ambiti, dalla sicurezza all’illuminazione serale dei percorsi, dalle luci per pergole e gazebo a quelle per un’eventuale zona cottura o per la piscina. Queste linee vanno messe in profondità, appena sopra alle tubazioni dell’acqua. Esiste una vasta scelta di lampade, proiettori, illuminatori da terra, da palo e da parete, con consumi bassissimi e tecnologia Led; ci si può orientare sulle luci d’effetto, nascoste in mezzo alla vegetazione, su quelle convenzionali da palo e sulle segnapasso, da applicare lungo i camminamenti.
Con gli impianti principali stesi, si può provvedere alla posa delle pavimentazioni esterne: i marciapiedi attorno a casa, la stradina carrabile e/o pedonale, la piazzuola per il gazebo, per la zona cottura. Diversi possono essere i sistemi di posa e i materiali per ogni destinazione, li vedremo in seguito.
Infine, la piantumazione e la realizzazione del tappeto verde, che possono essere affidati a un’azienda professionale, la stessa che ha previsto la realizzazione dell’impianto di irrigazione.
Indispensabili per l’organizzazione dello spazio, offrono ormai soluzioni e materiali che nulla hanno da invidiare agli spazi interni, compresa la necessità di una posa a regola d’arte secondo le esigenze
Le proposte di pavimentazioni adatte alle aree esterne sono sempre più varie, sia per l’estetica sia per le finiture. E tutte soddisfano, al di là delle singole specifiche caratteristiche, alcuni requisiti di base: devono essere impermeabili, antiscivolo e ingelive, resistenti ai carichi, agli agenti atmosferici e agli sbalzi di temperatura, alle muffe e alle macchie. Materiali e costi, manutenzione e durata nel tempo sono, poi, elementi importanti da valutare con attenzione in relazione al terreno e alla modalità di posa.
Al momento della scelta del materiale è necessario tener conto anche delle condizioni climatiche: in zone con inverni rigidi ed elevato rischio di neve e ghiaccio è importante orientarsi su piastrelle con alta resistenza a temperature sotto lo zero, mentre in zone con frequenti precipitazioni saranno più adatti rivestimenti con basso assorbimento idrico. Queste indicazioni, insieme alla resistenza allo scivolamento, alla flessione o alla visibilità più o meno accentuata delle impronte, sono indicate sulle schede tecniche, spesso anche con pittogrammi intuitivi, e nei cataloghi dei prodotti, corredati anche di tutti i parametri di riferimento in base alle normative europee (En) e a quelle ISO che ne accertano caratteristiche e proprietà per l’attestazione di conformità all’uso. Infine, l’igienicità, una qualità da non sottovalutare legata fondamentalmente a una serie di fattori quali la stabilità strutturale, l’imputrescibilità, l’inalterabilità molecolare, la stabilità cromatica. La possibilità di mantenere, senza grandi sforzi, pulita e disinfettata la superficie della pavimentazione, limita, infatti, i rischi di contaminazioni e proliferazioni di muffe, funghi e altre insidie.
Se, da un lato, è importante scegliere la pavimentazione per l’outdoor in armonia con lo stile degli ambienti interni, dall’altro il materiale può non essere “unico”: secondo la funzione dello spazio ci sono diverse alternative, naturali e non, che possono integrarsi fra loro e con il verde.
La ghiaia è uno dei materiali più usati per la semplicità di posa e per il suo costo accessibile. Colori, forme, ruvidità, levigatura e imperfezioni la rendono adatta a qualsiasi stile: “l’aspetto neutro” aiuta a far risaltare il verde del prato e si sposa bene con i toni del ferro, e metalli in generale e con quelli del legno. A seconda del colore e della pezzatura – ne esistono diverse che vanno dal mezzo centimetro (ghiaia fine) fino ai 6 centimetri (ghiaia grossolana) – offre una quantità illimitata di sensazioni e texture.
Se invece la scelta ricadesse su un materiale “più stabile”, tra i materiali naturali i più diffusi sono la pietra, il granito e il marmo. Le pietre sono materiali molto duri e ingelivi, particolarmente resistenti agli agenti atmosferici. Spesso vengono impiegati i serizzi, di colore grigio con grandi cristalli bianchi, le beole, la pietra d’Istria, la pietra di Trani, i travertini, i quarzi e la pietra serena.
I graniti sono rocce dure e compatte, resistenti al gelo, agli sbalzi termici e alla luce. I marmi sono, invece, pietre di origine calcarea più tenere e porose e, quindi, meno resistenti alle intemperie, alle abrasioni e alle macchie, per cui sono meno usati in esterno.
L’impasto di sassi, sabbie e pietrisco con acqua e leganti, oppure l’argilla cotta ad alta temperatura e fatta essiccare, permettono di realizzare materiali che hanno la stessa durezza e consistenza delle pietre. Le ceramiche utilizzate in lastre, possono essere un ottimo prodotto per pavimenti outdoor, perché sono antigelive, cioè resistenti a temperature inferiori a 0 °C, e possono inoltre assumere qualsivoglia texture e sfumatura cromatica.
Il cotto è un materiale poroso cotto in forno a temperature intorno a 1.200 °C e assume colorazioni che possono andare dal giallo paglierino al rosso fino al grigio.
Anche il legno può essere un materiale adatto a pavimentare aree esterne, ma deve avere particolari caratteristiche, come bordi arrotondati o superfici bisellate, con scanalature che permettano una migliore aderenza in condizioni di bagnato. Per quanto riguarda il tipo di legname, l’importante è la presenza di sostanze come tannini e oli essenziali che già naturalmente impediscono la formazione di muffe, funghi e l’attacco di insetti xilofagi, a cui vanno aggiunti, poi, specifici trattamenti artificiali cui il pavimento deve essere sottoposto.
Per rinfrescarsi dal caldo estivo, divertirsi con gli amici e, perché no, valorizzare gli spazi outdoor della propria casa anche in ottica di metterli a reddito, le piscine interrate sono una soluzione raffinata.
Nella costruzione di una piscina, le varianti in gioco sono così numerose che indicare un prezzo è molto difficile. L’accesso al cantiere, il tempo di realizzazione, la distanza dalle strade principali, il luogo geografico, i prodotti utilizzati, gli innumerevoli dettagli tecnici e di design sono tutti fattori che concorrono alla composizione del prezzo finale. Tuttavia, è possibile indicare un’idea di budget in modo da poter valutare meglio questo tipo di investimento.
Per una piscina a skimmer (con aperture poste lungo il bordo superiore della vasca per raccogliere l’acqua e inviarla al filtro) con struttura perimetrale in pannelli d’acciaio Astralpool alti 1,50 metri, locale tecnico preassemblato completo di filtro, valvola selettrice, pompa, trasformatore, quadro elettrico, rivestimento liner standard, compresi lavori edili necessari allo sbancamento del terreno con il relativo scavo e la creazione della soletta in cemento armato, si può stimare una spesa compresa tra 25.000 e 30.000 euro per uno specchio d’acqua di 4×8 metri.
La progettazione e la costruzione di una piscina interrata seguono lo stesso iter amministrativo di qualsiasi altro manufatto edilizio. Nel caso in cui l’area sia soggetta a vincoli ambientali, al rilascio dell’autorizzazione urbanistica si procede con la relativa autorizzazione. Successivamente, si dovrà elaborare, dove richiesto, il progetto strutturale per il rilascio dell’autorizzazione sismica. Le procedure variano da Regione a Regione, in alcuni casi da Comune a Comune: si consiglia quindi di informarsi sempre presso l’ufficio tecnico comunale tramite il proprio progettista incaricato. In generale comunque, i documenti necessari per la realizzazione di una piscina sono:
In funzione del progetto, dopo aver valutato la natura del terreno si deve calcolare la quantità di terra da lasciare sul posto necessaria al rinterro: il materiale restante dovrà essere portato in discarica per un corretto smaltimento.
La relazione geologica presente nel progetto strutturale determina la quantità dell’armatura e le dimensioni della platea di base. La platea viene sagomata in funzione delle altezze stabilite in progetto: potrà avere un’altezza costante (è consigliabile dare sempre una leggera pendenza di almeno l’1% verso le prese di fondo per le operazioni di pulizia e scarico della piscina) o altezze variabili, in base al tipo di piscina che si vuole realizzare: fondo piano, con tramoggia o variabile su più livelli.
Il locale tecnico è il luogo dove sono installati i componenti necessari per la filtrazione dell’acqua: filtro, pompa, quadro elettrico, trasformatore per fari ed eventuali altri accessori, come l’elettrolisi e lo scambiatore. Può essere realizzato preassemblato, utilizzando un vano in vetroresina oppure in cemento armato. È consigliabile posizionare il locale tecnico a non più di 5 metri dalla piscina. Quando la vasca è del tipo a sfioro, si deve predisporre anche lo spazio per la vasca di compenso, a meno che la stessa non venga ricavata nel perimetro della piscina.
Nella fase di costruzione della platea di base, completata la posa in opera dell’armatura metallica e prima del getto di calcestruzzo, devono essere posizionate le prese di fondo e, per le piscine a sfioro, le bocchette di mandata a pavimento. Con la realizzazione delle pareti devono essere inseriti gli altri accessori: per le piscine a sfioro, le nicchie per i fari e passanti per bocchette aspirafango; per le piscine a skimmer, le nicchie per i fari, le bocchette aspirafango e gli stessi skimmer.
Completata la struttura, si procede al collegamento degli accessori dalla vasca al locale tecnico. Il passaggio della tubazione di collegamento deve avvenire lungo un tracciato il cui sottofondo abbia una buona consistenza, preferibilmente lungo il bordo della platea precedentemente bonificato da chiodi, scaglie di calcestruzzo o altro. Infine il rinterro, operazione che può avere tempi diversi in funzione del tipo di struttura utilizzata. Se la struttura è stata realizzata in casseri o pannelli in metallo, si può procedere subito al rinterro; nel caso di strutture in cemento armato, è consigliabile attendere almeno 15 giorni nei periodi caldi, in modo tale che il calcestruzzo raggiunga un buon livello di maturazione. Effettuato il riempimento, è necessario far assestare il terreno per un periodo, il più lungo possibile: ottimale sarebbe realizzare la struttura con relativo rinterro in autunno e procedere al completamento dell’opera nella primavera successiva.
Sono molte le tipologie di rivestimento attualmente disponibili sul mercato. Mattonelle, pietre o mosaici; rivestimenti in PVC tinta unita o i più moderni Touch; resine e malte cementizie. Quale che sia il rivestimento scelto, si deve procedere alla preparazione delle superfici attraverso la rasatura del fondo e delle pareti per rendere la superficie il più liscia possibile e, in caso di rivestimenti come mosaico, piastrelle e vernice, garantire l’impermeabilizzazione della vasca con prodotti idonei.
Eleganza e praticità: soluzioni funzionali e personalizzabili che riparano dai raggi del sole e dalla pioggia.
Addossati al muro o autoportanti, aperti o riparati, pergole e gazebo diventano un vano in più della casa che si integra perfettamente con ogni stile architettonico e con ogni ambiente outdoor. Per creare un angolo di relax all’aperto le soluzioni possibili sono diverse, sia in fatto di materiali sia di forme. Dal legno al ferro battuto all’alluminio, con sagome indipendenti o struttura modulare, possono essere apribili superiormente e chiusi ai lati con diaframmi trasparenti, lamelle o grigliati, ma anche tessuti. Le strutture sono create con attenzione ai particolari, tanto da poter diventare veri e propri spazi che non hanno nulla da invidiare ai soggiorni di casa.
Ma quale differenza c’è fra un pergolato e un gazebo? O tra una pergotenda e una veranda? E quali sono i limiti entro i quali possono considerarsi attività di edilizia libera o necessitano di un titolo edilizio per essere costruiti? Tentiamo di fare un po’ di chiarezza.
Il pergolato è “una struttura realizzata al fine di adornare e ombreggiare giardini o terrazzi e consiste in un’impalcatura, generalmente di sostegno di piante rampicanti, costituita da due o più file di montanti verticali riuniti superiormente da elementi orizzontali, tale da consentire il passaggio delle persone e aperta su almeno tre lati e nella parte superiore”. Normalmente il pergolato non necessita di titoli abilitativi edilizi.
Il gazebo è “una struttura leggera, non aderente ad altro fabbricato, coperta nella parte superiore e aperta ai lati”; può essere realizzato con una struttura portante in ferro battuto, in alluminio o in legno e può essere protetto ai lati da tende facilmente rimovibili. Se utilizzato come struttura temporanea non necessita di titoli edilizi; nel caso in cui sia infisso al suolo in modo permanente è necessario il permesso di costruire.
La veranda, invece, è un locale chiuso: un loggiato, un balcone, una terrazza o un portico a cui è stata aggiunta una copertura e pareti trasparenti, parzialmente o totalmente apribili. Dal punto di vista edilizio determina un aumento della volumetria dell’edificio e una modifica della sua sagoma, perciò necessita del permesso di costruire.
Infine, la cosiddetta pergotenda, dove la parte principale non è la struttura in sé, spesso un pergolato esistente prospiciente la casa, ma la tenda, quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, rimovibile se non utilizzata, quindi non necessita di permessi per la sua installazione.
Il mercato propone numerose soluzioni, pratiche, funzionali e dal design innovativo, per adattarsi ai contesti più diversi.
Le serre solari (o serre bioclimatiche) sono veri e propri locali costruiti a ridosso di un muro perimetrale e delimitati da superfici vetrate che hanno la funzione di captare il calore dell’irraggiamento solare per immagazzinarlo e trasmetterlo all’interno dell’abitazione, mitigandone così il clima e abbattendo i consumi energetici. Attenzione però: non tutte le “verande” possono essere considerate “serre bioclimatiche”: i vincoli sono molti e riguardano l’orientamento obbligatorio, compreso tra sud-est e sud-ovest, la percentuale di superficie vetrata (almeno il 70%), le sue caratteristiche (il 30% delle superfici dev’essere apribile per la ventilazione) e, infine, il rapporto dimensionale con lo spazio interno. La realizzabilità o meno di una serra solare va valutata da Regione a Regione, oltre che nel rispetto dei possibili limiti imposti dai regolamenti comunali, ad esempio di tipo igienico-sanitario.
Il “funzionamento” della serra si basa sulla captazione della radiazione solare e non necessita l’installazione di alcun impianto. Anzi, nessun impianto di riscaldamento o raffreddamento deve essere presente e lo spazio non può avere funzioni abitative continuative. Il risparmio energetico deve essere attestato e calcolato garantendo un abbattimento dei consumi di almeno il 20%. Valgono sempre le norme urbanistiche su altezze e distanze dai confini. Tutti i vantaggi dell’accumulo di calore che si hanno nel periodo invernale vanno di conseguenza gestiti nel periodo estivo, per prevenire il surriscaldamento: devono essere predisposte schermature solari mobili e serramenti apribili che favoriscono la ventilazione. La scelta dei vetri è fondamentale, basata principalmente sulla loro trasmittanza: possono essere vetrocamera basso-emissivi, selettivi o a controllo solare. Altri aspetti da considerare sono la trasparenza e le proprietà acustiche, oltre alla sicurezza (con la possibilità di vetri rinforzati).
L’unica agevolazione possibile per la sua costruzione è la detrazione del 50% per le ristrutturazioni.
▪︎ Serra a guadagno diretto
Spesso realizzata con divisori trasparenti e regolabili tra l’ambiente e lo spazio interno, in questa tipologia è all’interno dell’abitazione che avviene il guadagno solare. Nel periodo invernale le superfici vetrate non devono avere dispersioni e devono essere ben isolate.
▪︎ Serra a scambio connettivo
La separazione con l’ambiente interno è una superficie opaca isolata e con apposite aperture regolabili, anche con termostati, utili allo scambio per convezione (bocchette o serramenti).
▪︎ Serra a scambio radiante
La parete divisoria accumula il calore e lo cede all’ambiente interno quando questo si raffredda. Il muro non deve quindi essere isolato, ma elemento di accumulo per mantenere la sua funzione di “scambiatore di calore”. Ottimi a questo scopo sono i laterizi pieni, gli elementi lapidei e il calcestruzzo. Occorre prevedere una coibentazione mobile da porre sul lato esterno nelle ore notturne, per ridurre le dispersioni.
Per godere appieno di uno spazio outdoor, importanza fondamentale ha l’illuminazione. Sicuramente da un punto di vista funzionale, ma non solo.
Per illuminare in modo adeguato un ambiente confinato è necessario conoscerne le diverse aree e funzionalità in modo da procedere in modo specifico e puntuale; per uno spazio esterno vale lo stesso principio. Avere un layout di progetto, che sia di un terrazzo o di un giardino, è fondamentale per capire dove sono previste le zone con permanenza delle persone, eventuali angoli per il pranzo e dove si avrà maggiore necessità di luce per particolari attività, nonché le zone con piante e fiori o che segnano percorsi, che invece saranno evidenziate da fonti luminose più consone. È utile tener presente che utilizzando luci con una diversa temperatura di colore, le più calde per le zone living e le più fredde che saturano la dominante verde degli arbusti, si otterranno effetti piacevoli.
La luce, in generale, deve rispettare due parametri: l’illuminamento, che è la quantità di luce misurabile all’interno di uno spazio (sulle piante in genere si consiglia di non superare i 20-30 lux) e il controllo della luminanza, che è legato al comfort percettivo dell’ambiente. In altre parole, gli apparecchi devono distribuire la luce senza creare fastidio alla vista. In caso di illuminazione dei percorsi, per esempio, è consigliabile che l’altezza di installazione sia compresa tra i 40 e 60 cm da terra, se non direttamente incassata al suolo. L’apparecchio, poi, può essere diretto dal basso verso l’alto o viceversa, non ci sono rigorose regole, ma attenzione a cosa si vuole illuminare e come, per evitare spiacevoli effetti un po’ spettrali. Basti pensare alla differenza fra una siepe di piante o arbusti bassi, magari con fiori, illuminata dall’alto, e l’illuminazione serale di alcuni edifici nella vostra città…
Uno dei primi consigli dei lighting designer è quello di sviluppare un progetto con fonti luminose che non abbiano elevate potenze, non solo per ragioni legate al controllo dei consumi energetici, ma anche per riuscire a calibrare la luce nei soli punti in cui questa serve. Un buon impianto può aumentare la sensorialità e contribuire a raggiungere un buon livello comfort.
Un aspetto importante nella scelta dei corpi illuminanti è la sicurezza. Un apparecchio deve essere in grado di proteggere la lampada e i componenti dai danni provocati dagli agenti esterni e dalla penetrazione dei corpi estranei. A questo proposito, due i parametri tecnici fondamentali da considerare: il grado di protezione e la classe d’isolamento. La protezione è individuata da norme internazionali ed è espressa dalla sigla IP (International Protection) seguita da due cifre. La prima indica la protezione da penetrazione di corpi solidi, quindi anche la possibilità di contatti accidentali da parte di un utilizzatore, mentre la seconda cifra indica la protezione da sostanze liquide.
In merito alla scelta degli apparecchi, la tendenza è quella di optare per soluzioni molto lineari e minimali che possano completare il progetto del terrazzo o del giardino con un’immagine coerente e organica, il tutto evitando i fenomeni di abbagliamento. Diverse sono le tipologie di lampade impiegabili in esterno: apparecchi fissi montati sulla facciata, faretti a incasso a filo pavimento, sospensioni oppure i cosiddetti apparecchi nomadi, luci dotate di lunghi fili di alimentazione e, infine, i sistemi d’illuminazione su cavi sospesi con distribuzione dei flussi luminosi a luce diffusa o proiettata. Di fondamentale importanza per gli impianti esterni è l’utilizzo solo di cavi in gomma o in neoprene che bisogna far passare all’interno di tubazioni incassate o in guaine, munite di connessioni stagne con indice di protezione minimo IP55; le prese devono essere dotate di sportello con grado IP55.
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