“L’identità convenzionale è quella scritta sul campanello di casa, ma dentro di me c’è una popolazione.”
Ed eccoci quindi in una Caserta assolata, a casa della chef stellata Rosanna Marziale, cercando di raccontarla, nelle sue infinite sfaccettature, anche attraverso la sua bellissima casa, fresca di ristrutturazione.
Rosanna è solare, accogliente, appassionata, eccitata come una bambina della sua nuova avventura e allo stesso tempo un pochino titubante: “questo è il mio primo distacco- confessa – casa mia è sempre stata il ristorante (Le Colonne di Caserta n.d.r.), anche perchè lì sono nata e lì ho abitato con la mia famiglia per molti anni, al primo piano del palazzo. Era arrivato il momento per me di provare ad allontanarmi, ne sentivo la necessità. Anche a livello creativo credo sia necessario confrontarsi con il nuovo per produrre altro dal consueto. Non volevo rimanere prigioniera dell’idea unica. E così ci sto provando ad avere uno spazio tutto mio, ad avere un atteggiamento un po’ più casalingo,
un’esperienza dalla quale sono sempre scappata. Per me casa era il luogo dove andare a dormire; ora voglio viverla completamente, fare cose classiche come prepararmi il caffè, vedermi la Tv, cucinare per gli amici. E anche se non è detto che questa esperienza dovrà per forza andare bene, non importa, non mi forzerò, dovrà essere un processo
molto naturale”.
E così ci prova Rosanna a creare un luogo privato, dopo aver preso le redini del luogo che costruì suo padre, Gaetano, ristoratore, che negli anni ’50 aprì il ristorante La Bomboniera, prima acquistando il terreno a due passi dalla Reggia e poi edificando lo stabile piano dopo piano. Un’istituzione in città, uno dei pochi ristoranti di quelle dimensioni a Caserta, sinonimo di ambienti sontuosi e tavole imbandite con cibi eccellenti. Oggi ha cambiato nome in Le Colonne, ma mantiene salda la sua centralità e il legame con il territorio e la tradizione: “purtroppo papà non c’è più da parecchi anni – prosegue Rosanna- ma abbiamo continuato il suo lavoro con mia mamma Pasqualina, mio fratello Loreto e mia sorella Maria”. Un lavoro di successo, che ha portato la sua prima Stella nel 2013 e che Rosanna prosegue con determinazione e grande creatività.
E veniamo alla tua nuova casa. Qual è l’impronta che hai voluto lasciare in questi spazi?
Nella mia idea di casa volevo portare lo stesso lavoro che ho svolto per molti anni nel ristorante con gli artigiani del mio territorio. Ho cercato con loro un collegamento per far emergere la mia identità che è fortemente radicata in Campania. Architetti, designer, artigiani, decoratori, falegnami si esprimono con un’arte che è diversa da quella della cucina ma solo perché utilizzano materiali diversi. Al posto delle pentole hanno pennelli, comunicano attraverso il ferro, il legno o la progettazione, ma al mio stesso modo esprimono l’identità personale e della regione a cui appartengono. Casa è la connessione di tutti questi elementi che mi identificano fortemente. Per la cucina, ad esempio, mi sono rivolta ai falegnami Fratelli Del Prete di San Marco Evangelista, un paese vicino a Caserta, dove è nata mia mamma. Avevo visto i loro lavori e ne ero rimasta colpita, e questa coincidenza in più mi ha fatto venire ancora più desiderio di conoscerli. Ad Alberto Grant, graphic designer e grande amico di famiglia devo i rinoceronti delle tele che si vedono alle pareti: le abbiamo realizzato insieme, io gli sfondi, e Alberto i bizzarri animali che lui ama molto. Alberto ha anche prodotto il forchettone posto nella nicchia in sala ma è stato ed è mio prezioso consigliere artistico per tutta la realizzazione della casa. Gli architetti Di Nardi hanno realizzato appositamente per me il tavolo, le sedie e la lampada della sala e i mobili che arredano il terrazzino. Insomma, il meglio della creatività casertana si trova nella mia casa.
Ed eccoci al cuore della casa, la tua cucina, elegante e funzionale. La leggiamo insieme?
La volevo rigorosa, molto elegante e molto tecnologica, senza troppi fronzoli, senza armadi alle spalle. Sono abituata agli spazi grandi del ristorante, quindi avevo bisogno di una cucina che mi permettesse di muovermi in maniera “elefantesca” senza farmi male (ride…). Poi, di norma, in tutte le cucine domestiche si lavora rivolti verso il muro, ma io proprio non ce la facevo a stare con le spalle alla porta; ho quindi optato per il bancone, dietro al quale posso lavorare con la mia gestualità. Alla tecnologia ci ha pensato Bosch che mi ha fornito di tutti gli elettrodomestici di ultima generazione: dalla piastra a induzione modello combo, dotata quindi anche di un fornello a gas, alla cappa centrale a scomparsa sul piano cottura, dal forno con tutte le funzioni, vapore compreso, all’abbattitore, allo scaldavivande, al forno a microonde passando per tutti i piccoli elettrodomestici. Una dotazione fantastica. La struttura del bancone fino al lavello è stata realizzata in legno dai falegnami fratelli Del Prete e rivestita in microcemento, poi successivamente trattato.
Tu hai l’aria di una persona un po’ precisa, però il tavolo nel living spicca come un felice deragliamento dal rigore. Come si spiega?
Si spiega innanzi tutto con il fatto che io sono del segno dei Gemelli, quindi sono tutto e il contrario di tutto, non mi piace essere una cosa sola. In effetti questo bellissimo tavolo, che si chiama Libero, è stato sviluppato dagli architetti Nardi per me. Avendo tutto il giorno sotto gli occhi al ristorante tavoli rettangolari e rotondi, per casa mia proprio non li vedevo…mi piaceva avere un tavolo dove poter fare più cose. E così è nato Libero, può essere tavolo da lavoro ma anche tavolo da pranzo; le sue sedute, tutte diverse tra loro, possono esser
e utilizzate in maniera rigorosa ma possono trasformarsi in basi per tavolini o perché no, anche sculture. Un tavolo senza uno schema definito pronto per qualsiasi utilizzo. Perfetto per me.
Ti diletti anche con la pittura, un esempio questi quadri con i rinoceronti appesi alle pareti. Mi spieghi da dove nasce questa idea?
I rinoceronti sono un bell’esempio di contaminazione pittorica. Negli anni avevo dipinto queste tele: è stato l’amico Alberto Grant, con la sua capacità visionaria e la sua ironia, ad avere l’intuizione di poter utilizzare i miei quadri come sfondi per il suo segno, la forma stilizzata di un rinoceronte. Da questa idea è nata una serie di tele, che abbiamo chiamato “Ricerontificio” in cui la sagoma del pachiderma è diventata segno virale trasformandosi: a volte è un’ombra mimetizzata, altre è una prorompente esplosione di colore altre ancora si duplica, altre si frammenta. La scomposizione, tanto amata in gastronomia, qui ritorna in forma di dipinto. Ed è sempre, per me, una forma d’arte.
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Nuove cotture per il benessere, la parola agli chef: Rosanna Marziale